lunedì 25 giugno 2018

Recensione del libro "Un piccolo negozio di fiori a Parigi" di Maxim Huerta







Un piccolo negozio di fiori a Parigi
Genere: Narrativa moderna/contemporanea
Pagine: 331
Prezzo: 15,50 € cartaceo - da 3,50€ ebook 
Editore: Sperling & Kupfer
Data uscita: 2017

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Trama.

C'è un negozio di fiori, nel cuore di Parigi, che raccoglie una magia impossibile da spiegare a parole. Il suo nome è L'Étoile Manquante. L'anziano proprietario, Dominique Brulé, sa che ogni fiore può nascondere un vero e proprio balsamo per l'anima. Lui stesso, quando è venuta a mancare la stella della sua vita, ha scoperto tra i colori e i profumi di quella bottega un conforto inaspettato e ora si adopera per regalare agli altri la felicità. Un po' filosofo, un po' prestigiatore, sa intuire gli stati d'animo, consigliare il fiore giusto per ogni ferita del cuore, trovare le parole adatte ad accompagnare una gioia, un dolore, un'illusione necessaria. Ospiti fisse del negozio sono Mercedes e Tilde, partite dalla Spagna tanti anni prima per inseguire un sogno o la fortuna. Le loro giornate ruotano intorno a quella bottega, ancorate all'amicizia che le lega, scandite dalle irrinunciabili perle di saggezza di Brulé, il «traduttore di fiori». Un giorno, come un improvviso vento fresco, irrompe in quella lenta routine Violeta: vent'anni, incinta e con il cuore spezzato. Assunta come assistente fiorista, porterà lo scompiglio in quelle tre vite silenziose, risvegliando il profumo di emozioni che vogliono tornare a sbocciare. Mentre lei, accolta con affetto da quell'insolita famiglia, imparerà ad apprezzare i doni che ogni stagione può riservare, perché anche il buio dell'inverno che sta attraversando è destinato a rivestirsi dei colori di una nuova primavera. Un romanzo delicato, dove la felicità sta nelle cose semplici e le seconde chance non hanno età. Una storia dedicata a chi sa emozionarsi «per un bacio al cinema, alla fine di un film, per un caffè caldo, per una pioggia inaspettata che solleva l'odore dell'erba, per uno sguardo dentro una vetrina, per una sedia vuota nel bar preferito, per una canzone che piace, per un nuovo mattino.»

Recensione.


Il libro è molto particolare, scritto in un modo che, per chi è abituato ad una trama lineare e scorrevole, il lettore, a tratti, fatichi a riprendere il filo.
I vari personaggi si alternano parlando in prima persona, per poi passare a tratti narrativi, tutto sommato ci si abitua subito a questo stile.

Il “gruppo”, formato da Mercedes e Matilde, detta Tilde, fa capo a Dominique Brulé, proprietario del negozio di fiori a Parigi dove si incontrano tutti i giorni per ricordare il passato e la giovinezza di tutti e tre.
I dolori e le sofferenze di Matilde e Mercedes sono un tema portante. 
Entrambe spagnole sono divenute amiche dopo essere sfuggite alle delusioni affrontate sia nella vita che nell’amore. 
L’inevitabile accettazione dell’ineluttabile rassegnazione che 
“questa è la vita e non si può fare altro che andare avanti e aiutarsi come si può” 
 lo si percepisce dal rapporto che le due donne hanno con i loro animali domestici, un gatto per Matilde e un cane Mercedes: un gatto senza nome che Matilde considera “il gatto che non è il mio gatto” e il cagnolino di Mercedes che è troppo vecchio per poter essere portato a fare una passeggiata perché non si regge in piedi. 
Traspare la profonda solitudine delle loro vite anche in questo rapporto: un gatto che non viene mai quando lo si chiama e un cane che potrebbe morire ben presto. 
Nonostante tutto trovano quella forza e quell’ironia per andare avanti che solo le forti anziane signore sanno far propria, per “vivere” la giornata, prima di ritornare nelle proprie abitazioni piene di ricordi, seguendo i quotidiani rituali: vedersi al negozio di Dominique, prendere il caffè con i biscottini, tornare a casa perdendosi nei ricordi per poi riemergere il giorno dopo rincontrandosi nel negozio …

L’arrivo di Violeta, giovane spagnola, incinta, fuggita da Madrid per il dolore straziante dell’abbandono del fidanzato, porta una ventata di gioventù nel gruppo.
La sua presenza sarà indispensabile quando nella vita di Mercedes il doloroso passato inaspettatamente ritorna e toccherà proprio a Violeta scoprirne il mistero. 
Un mistero che permetterà a Tilde e Violeta di intrecciare un rapporto affettuoso come “nonna e nipote”.

Un’altra misteriosa presenza ogni tanto aleggia, quella del “narratore” a cui, in alcuni momenti i personaggi “non danno retta”, vivendo un attimo di vita propria, esprimendo i loro pensieri personali con tranquillità; un “narratore” che consiglia a sé stesso come prendersi cura di uno o l’altro dei personaggi e che, ad un certo punto, diventa egli stesso uno dei protagonisti.
Tra la tenera abitudine di Dominique di parlare ai suoi fiori e la descrizione di come anche loro divengano protagonisti quando vengono descritti nell’atto di volgere le corolle per ascoltare i colloqui che si svolgono nel negozio, tanto da immaginarli davvero mentre si muovono delicati.
Dalla romantica mania di Mercedes di rifugiarsi nella sua libreria preferita, Shakespeare and Company, per scrivere bigliettini anonimi da infilare furtivamente nei libri che verranno poi comprati, tipo “Anche non voler pensare conta come felicità”; al concierge Julien con la sua collezione di francobolli lasciati sulle buste per non rovinarli e che permetteranno a Violeta e Tilde di aiutare Mercedes a sua insaputa; al dolce ricordo della moglie di Dominique, alle vie di Parigi imbiancate dalla neve e dagli addobbi natalizi, alla nuova vita che arriva mentre un’altra se ne andrà improvvisamente ma in una maniera che, dopo aver letto, non ci stupisce seppur ci rattrista il libro a tratti meno scorrevole e forse un po’ confusi merita di essere letto.
Se non altro per l’atmosfera che crea. 
Forse sarebbe meglio concentrarsi singolarmente sui personaggi e assemblarli a poco a poco, questo saltare da uno all’altro, questo passare da un brano narrato ad uno in prima persona scoprendo che non appartiene al personaggio di cui si parlava precedentemente, come se ognuno volesse prevaricare sull’altro, insinuarsi, mentre sta parlando un personaggio, quasi a volergli rubare la scena sembra portare un po’ di confusione. 
Alla fine si realizza che la trama è molto semplice e, tutto sommato, gradevole.
La frase con cui vorrei concludere è quella scritta in copertina, uno dei messaggi: 
“Bisogna insistere nell’allegria” perché, alla fine, il vero significato di questo libro, il suo personale messaggio è proprio questo!

Stefania

VALUTAZIONE PERSONALE:

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